Oratorio Maria Ausiliatrice

Centro giovanile Oratorio Maria Ausiliatrice

Via Nocicchia snc - Amelia (C.F. 91039060552)

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Che cos'è un oratorio?

Questa potrebbe sembrare una domanda stupida, ma in realtà la risposta non è affatto univoca. Per qualcuno l'oratorio è il luogo dove poter intrattenere i ragazzi con i più tradizionali giochi, "l’importante è che non stiano per strada"; per qualcun altro è il luogo dove si fa catechesi e si celebra qualche liturgia, "perché oratorio significa luogo dove si prega"; per altri ancora "è qualcosa di più complesso". In effetti l'oratorio non può ridursi né a sala giochi, né ad aula di catechismo, ma evidentemente è qualcosa di più. Che cosa? Sicuramente un ambiente educativo. Può sembrare un'espressione riduttiva, ma queste due parole esprimono l'essenza dell’oratorio.

L'oratorio è un ambiente educativo voluto e "inventato" da San Giovanni Bosco. Egli desiderava una casa che accogliesse, che evangelizzasse e che educasse alla vita nei suoi più vari aspetti: dalla cultura al teatro, dalla musica allo sport e al tempo libero. Spazi aperti, luoghi di ritrovo e di svago, chiesa, scuola, teatri, ma soprattutto... giovani, tanti giovani.


Sono i giovani, infatti che animano l'oratorio e lo dimensionano secondo la loro allegria. Quando vennero a presentare a don Bosco il locale che egli stava cercando per poter realizzare il suo primo oratorio, i proprietari erano convinti che lui volesse fare "un laboratorio per i suoi ragazzi". Lui subito ne corresse la frase: "Non un laboratorio, ma un oratorio!"

Così nacque il primo oratorio della storia moderna. Personalmente dico che questo scambio involontario di nomi fu in un certo senso "azzeccato", perché gli oratori di oggi si avvicinano molto all’idea di essere dei "laboratori" di proposte, che fanno bene alla vita di fede e alla crescita di un ragazzo. Attraverso la proposta di varie esperienze, l'oratorio diventa veramente quel "laboratorio" dove vengono messi insieme gli ingredienti per la crescita globale di un ragazzo. Una persona per crescere ha bisogno di spazi, di tempi e di esperienze; ha bisogno di persone coetanee con cui misurarsi, e adulti da cui prendere spunto; ha bisogno di mettersi alla prova, di accorgersi delle sue potenzialità.


La soluzione vincente

San Giovanni Bosco riusciva a creare un ambiente cristiano proprio perché educando si metteva Dio al primo posto, proprio perché gli animatori erano cristiani sul serio e tutti erano convinti che la Comunione frequente e la Confessione fossero elementi essenziali per una vita di grazia.


Era poi anche un ambiente gioioso, in quanto compresero che la santità consiste nello stare molto allegri e nell'esatto adempimento dei propri doveri.



«Io voglio insegnarvi un metodo di vita cristiana che sia nello stesso tempo allegro e contento, additandovi quali siano i veri divertimenti e i veri piaceri, così che possiate piacere a Dio e dire con il profeta Davide: "Servite il Signore nella gioia"».

L'oratorio è una casa di Dio, dove si educa cristianamente e dove, su tali basi, ci si prepara alle varie scelte della vita.

L'oratorio è il luogo diverso in cui il ragazzo trova un'altra mentalità, un altro stile di vita che non si fonda sulle abitudini portate dalla moda e dal conformismo, ma sulle indicazioni e sui valori di Dio, quindi sulla novità di Cristo.

Molto chiaramente don Bosco definiva l'oratorio come una mescolanza di preghiere, giochi, passeggiate. Ogni ragazzo era ansioso di varcare le porte il sabato pomeriggio. Si era creato un clima di forte amore per l'oratorio, tale da richiamare centinaia di giovani.


Attenzione, però, alle finalità

Si tratta di portare a Dio il maggior numero di anime e far sì che ciascuno pensi alla propria salvezza.

Primo scopo dell'oratorio è insegnare ai ragazzi a non fare peccati!

Per questo si prega, per questo si insegna, per questo si fa catechismo. Evitando i peccati, si vive della grazia di Dio che è lo splendore, la bellezza, la vita di Dio comunicata a noi. Questa grazia Dio la dona attraverso i Sacramenti della Confessione e dell’Eucarestia che dobbiamo celebrare per i nostri ragazzi. Un educatore milanese salesiano diceva: «Il metro che misura l'efficienza dell'Oratorio è la santa Comunione dei ragazzi e dei giovani!»

Quanto cammino abbiamo ancora da fare allora!

Diceva don Bosco: 
«I nostri giovani vengono all'oratorio: il Signore ce li manda perché noi ci interessiamo delle loro anime. Tutto il resto deve essere considerato come mezzo; il nostro fine supremo è farli buoni, salvarli eternamente».


Cosa trovo all'oratorio?

In oratorio tutti si devono trovare bene, a loro agio, in allegria. Ogni giovane deve poter venire in oratorio perché lì trova un ambiente adatto alle proprie esigenze.

In oratorio ognuno deve trovare l'amicizia di tutti. Un’amicizia sincera senza ombre di invidia o gelosie. L'amicizia soprattutto degli educatori e del sacerdote che aspetta tutti.


Un qualsiasi centro sociale?

«Perché vado all'Oratorio o mando mio figlio all'Oratorio? Che cosa significa ai nostri giorni frequentare l'Oratorio?»

È essenziale rispondere con lealtà a questa domanda, proprio per non trasformarlo in un luogo insignificante dove persone sfaccendate e senza ideali si ritrovano solamente per dare un calcio al pallone o per sorbirsi una bibita a prezzi inferiori degli altri bar cittadini. L'oratorio non sforna soltanto palloni, tennis, campi da gioco, film. Offre dell'altro, o meglio l'Altro con l'iniziale maiuscola, l'Amico dei ragazzi.

Esso rivive il punto di partenza della sua parola, orare, e della sua attualità, quando arriva il momento dell'incontro con Dio nella preghiera, nella S.Messa, nella catechesi. Senza questo assomiglierebbe a qualsiasi centro sociale o ricreativo.

L'oratorio sia un luogo aperto, ma non manchi quella serietà e quella disciplina che sono fondamentali per una convivenza umana e per un'educazione cristiana. Il lievito perenne che può portare i suoi frutti funzionerà se e solo se l'oratorio avrà a cuore la catechesi, la preghiera e l'ascolto della Parola di Dio.


Perchè mando mio figlio all'oratorio?

Un gruppo di mamme scriveva su una rivista: «Abbiamo scelto l'Oratorio per i nostri figli, proprio perché è la miglior agenzia specializzata per educare. Abbiamo scelto l'oratorio perché non restino uomini a metà e perché cresca l'uomo integrale, non solo fatto di sport, gioco e cultura, ma anche di Dio.»

Paolo VI insegnava che «bisogna tirar fuori l'uomo e il cristiano, l'uomo umano e l'uomo divino, l'uomo della terra e l'uomo del cielo, ovvero l'uomo completo.»

Sempre a riguardo annotava Necker: 
«Il divino dorme nell'anima del bambino, all'educatore il compito di destarlo».


L'educazione è cosa di cuore...

...e Dio solo ne è padrone, noi non potremo riuscire a cosa alcuna se Dio non ce ne insegna l'arte e non ce ne dà in mano le chiavi. Noi siamo in oratorio presenti per educare, per condividere pienamente la vita dei nostri ragazzi. Siamo presenza e stile. La presenza del'’educatore, la sua formazione, le caratteristiche della sua personalità sono elementi sostanziali. Tutta la caratteristica di un sistema educativo dipende in gran parte dallo stile dell'educatore, dal suo modo di agire e di applicare un dato metodo di educare.

Occorre saper stare con i giovani e con loro passare tutto il tempo possibile. L'educatore conosce i piccoli segreti di ogni ragazzo, ne intuisce gli smarrimenti e le riprese, ne accompagna i momenti difficili, per loro pensa, riflette e prega. Stare con loro, vivere per loro è il suo programma.

È quanto mai necessaria una presenza tra i ragazzi fatta di entusiasmo, di sacrifici che sappia valorizzare tutto quello che sta a cuore alla gioventù.


Ricordati, siamo nel 2023...

È urgente sfoderare nuove energie per inventare nella maniera più educativa un cammino sempre più attuale e vicino alle attese dei ragazzi. Sempre don Bosco, che sempre desiderava stare al passo con i tempi in tecnologia e ammodernamento, diceva: «Che essendo amati in quelle cose che loro piacciono, con partecipare alle loro inclinazione giovanili, imparino a vedere l'amore in quelle cose che naturalmente piacciono poco: quali la disciplina, lo studio, la mortificazione di se stessi.»

Non si conoscono animatori che non desiderano essere amati, ma si conoscono pochi animatori che sanno farsi rispettare.

L'animatore non è un amicone, il complice di tutti. L'animatore è uno che sa farsi rispettare, è uno che sa gestire anche i casinisti perché è convinto che bisogna farlo e si può riuscire. Basta con quelle mani sulle spalle e quei sorrisi compiacenti seguiti poi da urla, da visi torvi e frustrazioni interiori.


Il rapporto tra animatore e ragazzo è asimmetrico, non è sullo stesso piano. Don Bosco diceva di sé: «Mi volevano molto bene, e nello stesso tempo mi temevano, una sintesi di famigliarità e disciplina. Fatti amare, se vuoi farti temere, fatti amare prima di farti temere e fatti amare piuttosto che farti temere. Famigliarità con i giovani, specialmente in ricreazione. Senza famigliarità non si dimostra l'affetto e senza questa dimostrazione non vi può essere confidenza. I giovani non solo siano amati, ma comprendano essi stessi di essere amati.»


La presenza di un "numero 1"

C'è ma non si vede. Ogni iniziativa parte da Lui e arriva a Lui. Non ha dove posare il capo perché è sempre in cammino, al lavoro o gioca in mezzo ai ragazzi. Ha il loro volto e quello degli animatori.

Conosciamo il nostro datore di lavoro?!


«Se il Signore non costruisce la città, invano vi faticano i costruttori».

Se si è soli nell'impresa, si farà poco o nulla. Il Signore è quello che fa tutto. Manca la preghiera per i ragazzi, manca l'invocazione allo Spirito Santo, manca quell'intercessione e quell'enzima così potente nel nostro operare con i giovani!

Oratorio è voce del verbo "orare": «Signore, insegnaci a pregare!»

Don Bosco sottolineava: «Diedi il nome di Oratorio a questa casa per indicare bene chiaramente come la preghiera sia la sola potenza sulla quale dobbiamo fare assegnamento». È nell'oratorio che dobbiamo fare esperienza di Dio. L'Amico è lì, per loro, adesso, si fa Dono, completo, totale, senza riserve, senza misura, tramite l'educatore. È la mano che s'insinua nella mano e accompagna con attenta tenerezza.